I sacerdozi individuali nell'antica Roma
I sacerdoti individuali erano costituiti dal Rex Sacrorum e dai Flamines. Il Rex Sacrorum occupava il gradino più alto nell’intera gerarchia sacerdotale romana. La sua figura sembra essere nata dopo l’instaurazione della Repubblica, perché insieme al pontefice massimo era l’erede dei poteri religiosi del sovrano. Nella realtà, però, il Rex Sacrorum rimase il depositario di antichi riti senza un reale peso sulla vita della città, mentre fu il pontefice massimo a diventare la massima autorità in campo religioso. I Flamines erano 15 sacerdoti, tre maggiori e 12 minori, addetti ciascuno al servizio di una sola divinità. Probabilmente equivalenti ai bramini indiani, erano di istituzione antichissima, come testimoniano i nomi delle divinità a cui erano preposti: infatti i maggiori erano il Flamine di Giove, quello di Marte e quello di Quirino, cioè gli dèi corrispondenti alla grande triade indoeuropea, mentre alcune divinità a cui erano addetti i Flamini minori, come Falacer, Furrina, Palatua, sono per noi quasi sconosciute, quindi residui di un pantheon particolarmente arcaico.
I tre Flamini maggiori risultavano, nella gerarchia ufficiale, appena al di sotto del Rex Sacrorum; come lui, però, persero progressivamente la loro originaria importanza. In epoca tardorepubblicana costituivano solo un residuo della società arcaica, essendo estranei alla vita religiosa e politica contemporanea. Ne è prova il fatto che nel I secolo a.C., il titolo di Flamen Dialis, il sacerdote di Giove, il più importante dei 12 e figura teoricamente fondamentale nella religione romana, rimase vacante per circa 75 anni, fino alla restaurazione augustea. Le norme a cui egli era soggetto - insieme alla Flaminica, sua moglie - evidenziano l’arcaicità della sua figura: divieto di andare a cavallo, di assentarsi da Roma e di lasciare il proprio letto per più di tre notti consecutive. Segno distintivo dei Flamini era il berretto a punta, che permette di riconoscerli nei tanti rilievi che raffigurano cerimonie.
(da: ROMA ARCHEOLOGICA, itinerario n. 20, Elio de Rosa Editore, p. 25)